Legambiente Modena: È il momento di cambiare il paradigma del sistema economico

In risposta alle dichiarazioni del sindaco Muzzarelli, chiediamo chiarezza sugli obiettivi dell’Amministrazione in ambito ambientale e trasparenza sui traguardi conseguiti e mancati. Occorre agire coerentemente con la dichiarazione di emergenza climatica recentemente adottata.

 

Se le dichiarazioni del sindaco Muzzarelli rilasciate agli studenti della 5CL del liceo Muratori-San Carlo e comparse sulla Gazzetta dell’11 febbraio corrispondono al vero (e non abbiamo elementi per pensare il contrario), siamo di fronte a un’evidente sconfessione dei contenuti delle dichiarazioni di emergenza climatica e ambientale approvate dall’Amministrazione nello scorso anno, nonché di obiettivi che l’Amministrazione si è posta nell’elaborazione di piani e nella partecipazione a progetti che hanno ricadute sull’ambiente e il territorio.

Per prima cosa, sul tema dell’inquinamento atmosferico, c’è un evidente fraintendimento. Se il sindaco ha voluto riferirsi all’inquinamento da polveri sottili, il contributo effettivo del settore residenziale è pari soltanto al 20%, mentre oltre il 30% delle polveri proviene dal settore dei trasporti di persone e merci. Si tratta dunque di due settori da trattare quantomeno con la stessa considerazione, se non agendo con più forza sul secondo.

Proprio sul settore dei trasporti, il sindaco ha dichiarato che “il problema si rimette alla coscienza individuale”, che “le istituzioni non possono fare molto” e che la nostra “è inevitabilmente una regione di passaggio”, riferendosi all’importante contributo all’inquinamento proveniente dal traffico di attraversamento.
Questa dichiarazione è drammatica. Da un lato appare come una resa del potere delle Amministrazioni pubbliche (che agiscono nell’interesse della cittadinanza) nei confronti di interessi particolari, dall’altro sembra sconfessare l’utilità della pianificazione regionale (PRIT) e comunale (PUMS) che dovrebbe definire le politiche della mobilità per i prossimi anni.
Occorre forse ricordare che la prima priorità del PUMS, individuata da cittadini e da portatori d’interessi, è proprio il miglioramento della qualità dell’aria? E che proprio questi piani dovrebbero agire sulle dinamiche collettive, spingendo individui e soggetti collettivi a compiere scelte coerenti con le necessità della società?

Non ci sfugge poi che le politiche sovracomunali siano eccessivamente sbilanciate a favore della mobilità stradale, che riceve molte più attenzioni mediatiche e molti più finanziamenti economici rispetto a quella ferroviaria. Crediamo che il Comune di Modena debba finalmente liberarsi da una visione tardo-novecentesca dello sviluppo economico e affrontare le sfide che la crisi climatica (dal Comune stesso riconosciuta) impone, guidando in tal senso l’azione degli enti sovraordinati: come in ogni settore, sono le Amministrazioni pubbliche a dover dare il buon esempio e a tracciare la strada; non si conseguirà nessun obiettivo di sostenibilità se si continueranno ad esaudire i desideri di settori economici che non sono evidentemente preoccupati dalle conseguenze che il modello economico attuale sta avendo e avrà sulle condizioni di vita umane nei prossimi decenni.

Per questo il Comune di Modena può, e a nostro avviso deve, farsi portatore di proposte chiare per migliorare la situazione. Sul tema della qualità dell’aria e della mobilità, disincentivare il traffico su gomma e sostenere invece lo sviluppo della rete ferroviaria (ad esempio nel caso delle merci) andrebbe ad esempio incontro ai favori dei cittadini (meno TIR significano meno traffico e meno smog) e dell’economia (per velocizzare gli spostamenti delle merci destinate all’esportazione ed essere quindi più competitivi).
Il Comune può anche farsi portavoce di proposte innovative, come la riduzione dei limiti di velocità in autostrada nelle giornate di emergenza smog: come ha dimostrato il progetto BrennerLEC, abbassare a 100 km/h il limite può portare a riduzioni delle emissioni di ossidi di azoto (precursori delle polveri sottili) fino al 30%.

Per quanto riguarda le politiche dei rifiuti, dobbiamo sottolineare che l’obiettivo deve cambiare: non basta più parlare di riciclo o di differenziata, in un’economia ancora poco circolare e fortemente dipendente da un mercato estero in contrazione.
La strada giusta l’hanno indicata anche le ragazze e i ragazzi di Fridays For Future, che hanno rilanciato con forza il tema della riduzione dei consumi di prodotti usa e getta a favore di oggetti riutilizzabili. La riduzione dei rifiuti, urbani e industriali, deve essere perseguita come obiettivo principale, per ridurre gli impatti che anche questo settore ha sul clima in termini di emissioni legate ai trasporti dei rifiuti, ai processi industriali e ai consumi energetici.

Sempre sul fronte dei rifiuti c’è purtroppo poco da festeggiare: nel 2018 Modena ha raggiunto il 63% di raccolta differenziata, ancora sotto l’obiettivo di legge (nazionale) del 65% che andava raggiunto entro il 2012, e a maggior ragione inferiore all’obiettivo previsto dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti che fissava un obiettivo del 70% per i capoluoghi di provincia al 2020 (per un complessivo 73% a livello regionale). E non si tratta di rifiuti “riciclati”, ma soltanto differenziati: nel bacino Hera il riciclo (o recupero di materia) riguarda infatti meno dell’85% dei rifiuti raccolti in modo differenziato, mentre i restanti vengono inceneriti o smaltiti.

Sta poi per essere mancato anche un secondo obiettivo definito dal Piano regionale: rispetto al 2011, quando la produzione di rifiuti urbani ammontava a 124’913’460 kg, l’obiettivo del Piano per il 2020 corrisponde a una riduzione minima del 20%, ovvero a una quantità massima di 99’930’768 kg.
L’ultimo dato disponibile (relativo al 2018) parla invece di 133’947’928 kg di rifiuti prodotti, pari a un +7.2% rispetto al 2011. Quindi addirittura una crescita laddove era prevista una diminuzione! È verosimile raggiungere l’obiettivo del Piano in meno di un anno?

Tutti queste aree d’intervento e i relativi aspetti critici incidono poi sul vero “convitato di pietra” delle politiche ambientali: le emissioni di gas climalteranti, sempre denunciate e mai realmente tenute in considerazione nell’adozione di provvedimenti (a nessun livello, ovviamente). Per questo abbiamo salutato con favore l’avvio del progetto “Zero Carbon Cities”, che dovrà definire il “carbon budget” della città, ovvero la quantità massima di anidride carbonica emissibile nei prossimi anni senza mancare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Non basterà piantare qualche migliaio di alberi per raggiungere questo obiettivo: a fronte di uno scenario in cui l’attuazione prossima di scelte politiche vecchie di decenni (come le nuove autostrade di forse prossima realizzazione) potrebbe portare pesanti conseguenze per il territorio modenese in termini di nuove emissioni (e suolo consumato, e inquinamento atmosferico, e altri impatti di tipo ambientale), occorre un piano ambizioso per ridurre gli impatti sul clima in modo drastico, ben oltre gli obiettivi al 2030 posti dall’Unione Europea.

È quindi il momento di pensare a un nuovo paradigma per il sistema economico e a un nuovo metodo per la definizione delle politiche pubbliche, per non mancare anche questo obiettivo, che non è definito dalle leggi o dai piani ma dagli studi scientifici.
Per questo chiediamo al Comune di Modena di dare concretezza e attuazione alla dichiarazione di emergenza climatica e ambientale adottata da Giunta e Consiglio, mettendo realmente l’ambiente e la salvaguardia del pianeta in cime alle priorità e ai criteri d’azione e misurando concretamente e in modo trasparente gli effetti sul clima e sull’ambiente dei provvedimenti che verranno presi d’ora in avanti dall’Amministrazione comunale.

Il tempo delle parole e delle dichiarazioni è finito.